03 settembre, 2005

Thrilling Rushes

Quando la guardi sei felice. Una felicita' chiaramente inconcludente, e si sente. Si sa, poi starai bene trenta minuti, cinquanta minuti, se sei fortunato. Ma prima, prima, sei felice, come durante un viaggio: non importa arrivare, conta viaggiare, magari vedere la meta che si avvicina e l'asfalto sfuggire rapido sotto le ruote, e quando la meta si avvicina si e' solo un poco piu' infelici, un poco di piu' ad ogni metro. All'arrivo, lo si sa, si cerchera' altro, ci si dedichera' alla ricerca di altre felicita'. Ma per quell'istante, momento, mentre le strisce tratteggiate scorrono e si viaggia, quello e' il momento della felicita', quella promessa di ignoto che da' gioia.

E' lo stesso, e' l'attesa del momento che incendia il desiderio, il pensiero che corre ricorsivamente verso l'immagine di quell'atto, di quei pochi secondi, di quella ritualita' che promette, come un viaggio, la felicita'.

Purtroppo in questo caso si arriva troppo in fretta, e si arriva soli. Trenta minuti, cinquanta minuti, poi e' finita, e brucia solo il desiderio di ripartire senza sapere perche', visto che ormai la meta e' nota e il piacere solo relativo, compresso, isolante, autistico, nel sangue trillano le farfalle, ma vivranno poco.

E almeno lo si facesse perche' convinti, a torto o a ragione, che e' quella, la felicita'.

Tutti si sa che invece non e' cosi', che e' solo un inganno, piuttosto goffo anche, ma irresistibile. E nessuno ne parla, tutti fingono di credere che sia la felicita', e aspettano il proprio turno, e tutti sanno che si finge, malamente anche, in realta' non c'e' nessuno da ingannare fino in fondo se non se' stessi.

L'indomani si paga lo scotto.
A volte e' alto. Quando e' abbastanza alto, abbastanza da farti abbandonare quell'ipocrisia indegna, credo sia gia' abbondantemente troppo tardi.

Questo e': camminare testardi su lame di rasoio, fingendo che quei tagli non sanguinino

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