27 settembre, 2005

Omaggio a chi amo


Un omaggio per un amico, dal quale mi separa solo la follia degli uomini.
Ma, in maggior misura, la follia delle donne.
E la nostra debolezza, mia in un modo, sua in un altro.
Ma non esistera' mai nessuna o nulla che potra' cambiare la realta', la verita'.

Ad ogni incontro quelle strette di mano troppo lungo, quegli sguardi troppo profondi, come a voler dire qualcosa che non puo' piu' essere detto.

Ad ogni incontro, frasi di circostanza che arginano le lacrime, lacrime per un fratello perso, per entrambi.

Ad ogni incontro, calme formalita', e invece, senza profferire verbo, e' come se in ginocchio, l'un l'altro giurassimo la fedelta', l'amicizia, eterne, ancora, e ancora, una grottesca recita quali fossimo burattini dei quali qualcun altro tende i fili... e chi sia si sa.

Amico mio!
La mia vita ti appartiene, finche' saro' vivo. Non importano le tue ostentazioni di rifiuto, la verita' del tuo sdegno. Ho dei debiti verso di te che sono da pagare!!
E comunque, oltre l'orizzonte, c'e' il nostro amore che ancora oggi rimane, miracolosamente, inspiegabilmente, simile a quei giorni, simile ad un tempo che sembra lontano ma non lo e'.
Il mio debito con te, impagabile, e' amore, amore impossibile ad espletarsi.

Ho peccato nei tuoi confronti, ho tradito la tua fede in me, eppure mi darei al boia al posto tuo domani, e sempre cosi' sarebbe, pur se dovessi rivederti anche fra cinque o cinquanta lustri.

Tu stupido perche' ignori la verita' e credi alla menzogna, io stupido perche' errai malamente e ti arrecai danno!

La nostra amicizia travalica la menzogna, gli errori, e il tempo, e questo e' quanto di piu' incredibile la vita mi abbia riservato, in assoluto.

11 settembre, 2005

Questione di morale

Affrancarsi dalla propria morale e' un gesto forte, direi estremo, al quale seguono necessariamente contraccolpi.

Ho subito in prima persona l'affrancarsi altrui da una morale che molto ben conoscevo, direi perfino in maniera quasi assoluta, una morale che si puo' giudicare complessivamente atta al bene, per indicarne grezzamente la sostanziale mancanza di pulsioni maligne.

Un affrancarsi, si diceva, che si e' concretizzato in un gesto inteso senza mezzi termini a farmi del male, volutamente, con intenzione, con cura e cinismo, per certi versi stupefacenti.

Un far male che ha poco di diverso dall'affondare una lama nelle carni altrui, un far male che mi ha disgustato fino alla nausea, prima ancora che addolorarmi profondamente.

Vi e' senz'altro della temerarieta' in un gesto simile.

Se la premessa e' che affrancarsi dalla propria morale sia complesso, e' pure altrattanto vero che non e' affatto impossibile.

A ben pensarci, potrei infine fare lo stesso, per il gusto della vendetta o solo per provare qualche nuova via.

Di certo, tra le prime iniziative, restituirei quel favore.

A scanso di equivoci, in sunto, questa e' una minaccia.

Al termine della notte

"Quel che e' peggio e' che uno si chiede come l'indomani trovera' quel po' di forza per continuare a fare quello che ha fatto il giorno prima e poi gia' da tanto tempo, dove trovera' la forza per quelle iniziative sceme, quei mille progetti che non arrivano a niente, quei tentativi per uscire dalla necessita' opprimente, tentativi che abortiscono sempre e tutti per arrivare a convincersi una volta per tutte che il destino e' invincibile, che bisogna sempre ricadere ai piedi della muraglia, ogni sera, sotto l'angoscia dell'indomani, sempre piu' precario, piu' sordido.
Forse e' anche l'eta' che sopraggiunge, traditoria, e ci annuncia il peggio. Non si ha piu' molta musica in se' per far ballare la vita, ecco. Tutta la gioventu' e' gia' andata a morire in capo al mondo nel silenzio della verita'."

Céline, "Viaggio al termine della notte", pag. 225, edizioni Corbaccio, traduzione di E. Ferrero, quinta edizione giugno 1995.



03 settembre, 2005

Thrilling Rushes

Quando la guardi sei felice. Una felicita' chiaramente inconcludente, e si sente. Si sa, poi starai bene trenta minuti, cinquanta minuti, se sei fortunato. Ma prima, prima, sei felice, come durante un viaggio: non importa arrivare, conta viaggiare, magari vedere la meta che si avvicina e l'asfalto sfuggire rapido sotto le ruote, e quando la meta si avvicina si e' solo un poco piu' infelici, un poco di piu' ad ogni metro. All'arrivo, lo si sa, si cerchera' altro, ci si dedichera' alla ricerca di altre felicita'. Ma per quell'istante, momento, mentre le strisce tratteggiate scorrono e si viaggia, quello e' il momento della felicita', quella promessa di ignoto che da' gioia.

E' lo stesso, e' l'attesa del momento che incendia il desiderio, il pensiero che corre ricorsivamente verso l'immagine di quell'atto, di quei pochi secondi, di quella ritualita' che promette, come un viaggio, la felicita'.

Purtroppo in questo caso si arriva troppo in fretta, e si arriva soli. Trenta minuti, cinquanta minuti, poi e' finita, e brucia solo il desiderio di ripartire senza sapere perche', visto che ormai la meta e' nota e il piacere solo relativo, compresso, isolante, autistico, nel sangue trillano le farfalle, ma vivranno poco.

E almeno lo si facesse perche' convinti, a torto o a ragione, che e' quella, la felicita'.

Tutti si sa che invece non e' cosi', che e' solo un inganno, piuttosto goffo anche, ma irresistibile. E nessuno ne parla, tutti fingono di credere che sia la felicita', e aspettano il proprio turno, e tutti sanno che si finge, malamente anche, in realta' non c'e' nessuno da ingannare fino in fondo se non se' stessi.

L'indomani si paga lo scotto.
A volte e' alto. Quando e' abbastanza alto, abbastanza da farti abbandonare quell'ipocrisia indegna, credo sia gia' abbondantemente troppo tardi.

Questo e': camminare testardi su lame di rasoio, fingendo che quei tagli non sanguinino