23 novembre, 2005

Resa dignitosa

Si puo’ anche giungere alla conclusione che si e’ fatto di tutto per quasi tre lustri nel tentativo di cambiare con sottili alchimie gli esiti delle giornate che passavano, del trascorrere del tempo, per trasformare la vita da Guerra Eterna a esistenza civile.

Potrei elencare successi e sconfitte, fare bilanci, decidere cosa fare in base ad accurate analisi dell’evoluzione della Guerra Eterna.

Gli ottimisti trarrebbero da queste analisi l’evidente conferma che, franco tutto, sono stati via via conquistati punti strategici sempre piu’ importanti, e che la qualita’ emotiva e psicologica della mia vita, per la quale combatto, e’ di fatto migliorata, e che sono stati ottenuti ottime vittorie. Poi seguirebbero accalorate discussioni sulle componenti cui addurre i meriti e sconfitte, come spartire la torta della presunta parziale vittoria.

C’e’ comunque del vero.

I pessimisti punterebbero invece il dito sul presente, sullo status-quo, sul come stanno le cose. Su cosa ho, cosa sono, chi sono, cosa ho in mente, adesso, ora, qui mentre scrivo.
Direbbero che un investimento cosi’ grande, cosi’ tante rinunce e cosi’ tanto sangue versato non valgono assolutamente l’attuale condizione, e che nel complesso, si e’ di fronte ad una clamorosa vittoria di Pirro. Seguirebbero in questo frangente ricerche di capri espiatori et similia.

E anche qui c’e’ del vero.

Del resto, buffo a pensarlo, analisi come questa che sto assemblando, sono passate da un PC all’altro nel corso degli anni, dai vecchi Amiga, ai primi Pentium, fino ad oggi, attraverso peripezie, traslochi, sempre conservate su hard disk via via sostituiti, in un evoluzione tecnologica cui hanno resistito, immutate.

E in buona sostanza sono tutte simili, tutte claudicanti, appoggiantesi a due distinte staffe, l’una scolpita nel morbido legno di una sommessa speranza, l’altra ricavata dal rugginoso ferro della cupa disperazione.

E ancora, eccone un’altra, cui ne potrebbero seguire altre mille migliaia.

Oggi, non credo di avere la possibilita’ di modificare il divenire in un modo sostenibile. Comunque esso evolva, e comunque io reagisca, anno dopo anno, traggo sempre le medesime conclusioni, le medesime righe sono affidate a file di testo, diari, moleskine, blog, a seconda di dove e quando vengono scritte, concepite.

Come dicevo giusto ieri, questo 2005 che va’ morendo mi ha offerto in fondo la bellezza di un mese e mezzo di tranquillita’, quasi di benessere se vogliamo essere positivi.

Un risultato notevole, un mese e mezzo l’anno di vita decente dopo 14 anni di Guerra.

Forse dovrei rallegrarmene, ma visto che ho le lacrime agli occhi mentre sto scrivendo, credo che sarebbe inopportuno.

Mi piacerebbe avere una controparte cui arrendermi, ai quali piedi poter gettare il mio armamentario di idee, chimica, amarezza, ore di riflessione, per ricevere un colpo di grazia, la schiavitu’, qualsiasi cosa.

Anche un ufficiale superiore cui lamentare la mia situazione potrebbe soddisfarmi, ma non esiste nemmeno questo, nonostante lo si possa individuare forzosamente, come talvolta ho fatto.

E allora basta, si tratta di me di fronte a me stesso. Io e me soli, che ci fissiamo negli occhi e che ci mentiamo da 14 anni.

Mi dico che mi basta, e’ al divenire che mi rimetto. La guerra continuera’ per sempre, questo lo so bene, la sofferenza mi spetta di diritto, a quanto pare, ma so anche che nessuno mi costringe a sparare, a inventare strategie, ad attuare tattiche per stare meglio, per vincere, infine.

Non sparero’ piu’ un colpo, non faro’ piu’ un gesto, non pensero’ piu’ a cosa fare in un'ossessionante massacrante maratona.

Molto probabilmente verro’ travolto e massacrato dal divenire, molto probabilmente vivro’ una vita pessima, molto probabilmente breve, come un accattone prendero’ quello che trovero’ di decente e lascero’ perdere il resto, un barbone che fruga nella spazzatura, circondato di certo dal biasimo, dalla riprovazione, dalla disapprovazione, e cosi’ via.

Del resto, lo so, la gloria non mi spetta, non mi spettano la felicita’ e la pace.

Cio’ che non so e’ cosa in effetti mi spetti.

Temo lo scopriro’ presto.

21 novembre, 2005

Altrove

Sono elegante.

Non e' banale scomparire nel nulla in eleganza.

Introvabile, impalpabile, evanascente, eppure pronto a rispondere, con qualche limite, ai propositi esterni, che si affacciano quotidianamente.

Oppure, come dicono gli Idlewild qui,

"I'm safe in a hiding place
It's the only way I feel safe
When I'm safe in a hiding place"

Sono al sicuro, al sicuro dalla vita, al sicuro dal divenire, un mondo cristallizzato in una condizione che non accetto ma che non nego.

E' come essere morto, senza esserlo.

Per gradi, sto andando altrove.

10 novembre, 2005

Contro il buon senso

Si tratta, in buona sostanza, di accettare dei limiti.

Quand'anche si sapesse per certo che in potenza si potrebbero realizzare le piu' mirabolanti ipotesi, e si vivesse nell'evidenza della mancanza di questi risultati, non sarebbe forse saggio accettare lo status quo?

Veleggiare nei maelstrom e' forse utile? Lo e' stato superare le Colonne d'Ercole?

Due esempi identici ed opposti, dove il coraggio o l'avventatezza o la fede hanno portato in un caso la morte, in un altro la maggior gloria.

Ma prima dell'atto, nessuno avrebbe potuto mai predire, sapere, cosa sarebbe successo: il buon senso, che arda, avrebbe dissuaso da entrambe le imprese.

Dunque, e' giusto gettarsi tra le fiamme della possibilita' consci del costo, o accettare il limite e pascolare nell'ovino prato arido del quieto vivere?

Ebbene, chiniamo la testa di fronte al buon senso, confezioniamoci una bolla di tranquille fandonie, ma che nessuno mai parli ancora di qualcosa di simile ad una vita degna di essere vissuta.

E peggio che mai, nessuno predichi ancora il saggio uso del buon senso: sono ottusi coloro i quali credono che non vi siano uomini disposti a morire in un maelstrom, pur di sentirsi vivi, convinti che con un po' di buon senso si potrebbe stare senz'altro meglio, pascolando erba secca, che, dopo tutto, pur sempre, il buon senso lo dice, e' foraggio.

C'e' chi deve vivere un secolo brucando, e chi deve morire per niente, con gli occhi luccicanti di ebbrezza, in un maelstrom.

Chi puo' capire, e' gia' morto.

05 novembre, 2005

L'essenza dell'amore

"Juliet, when we made love you used to cry
You said 'I love you like the stars above, I’ll love you till I die' "

Parole di un pezzo dei Dire Straits, "Romeo and Juliet", l'album e' "Making Movies", del 1980.

Probabilmente una delle piu' sintetiche espressioni in musica e parole di quella che io considero l'essenza dell'amore.

Anche nell'attimo piu' intenso di unione e di felicita', stilla la malinconica sensazione della vastita' del sentimento che si prova, che si alza nel cielo, fino alle stelle, incommensurabile, tanto da portare alle lacrime.