20 luglio, 2005

Panni sporchi

Quando si demolisce un impianto esistenziale, sto scoprendo, non si incontrano solo fastidi prevedibili, anzi previsti, come vasti vuoti nei solai delle abitudini, solidi sentieri tracciati da tempo trasformati in percolanti camminamenti sospesi, incertezze abissali che temporaneamente costringono all'inazione o alla rinuncia.

Scopro con sincera sorpresa, e un misto di fastidio e dolorosa solitudine, che la demolizione non piace a eventuali terze parti, che vi vedono talora forme astruse di aggressione, talora e piu' comprensibilmente atteggiamenti di trascuratezza nei propri confronti, o, cosa molto peggiore, forme poco chiare di malafede, egoismo e altre nefandezze che posso senza incertezza definire poco plausibili e giacenti nel campo del ridicolo.

A quanto pare, non e' possibile lavare i panni sporchi in casa senza che qualcuno si senta coinvolto nell'operazione e malamente offeso.

Se talvolta si tratta di qui pro quo chiarificabili piuttosto facilmente, in altri ci si imbatte in vere e proprie prese di posizione pregiudiziali e vaneggianti che pretenderebbero di intervenire nelle alchimistiche operazioni che svolgo, per spiegarmi cosa pensare, cosa fare e come farlo.

Anche se la mia tentazione e' quella di ignorare in assoluto queste istanze, principalmente per l'eminentemente pratica questione relativa al gia' cospicuo ammontare di matasse da districare, mi rendo conto che sara' opportuno gestire la mia presenza in societa' in modo piu' elegante, non fosse altro per tenere i samaritani che preferiscono la spada alla lingua alla larga, ma principalmente per non attivare fallaci sensazioni di abbandono nei piu' sensibili.

Mi chiedo con curiosita' sincera se sia fatto comune a tutti coloro i quali, nel corso della propria vita, abbiano deciso di cambiare alcune basi portanti della propria Weltanschauung, il dover tirar di fioretto con cerchie di reazionari dalle idee confuse.

07 luglio, 2005

Preghiere

Porcupine Tree, un gruppo progressive, cioe' che fa canzoni che impressionano chi suona uno strumento, e che suonano impressionanti a chi non lo fa.

Ma con un uno spirito poetico... di una poesia secca e arida, tinta solo dal colore del tessuto musicale, ardito e intricato.

Questo pezzo mi colpisce. Eccolo qui, forse rende quell'idea peculiare di solitudine che sento attanagliarmi di questi giorni.

Qui c'e' un'estratto molto piu' corto e breve da scaricare.


Don't Hate Me

A light snow is falling on London

All sign of the living has gone
The train pulls into the stations
And no-one gets off and no-one gets on

Don't hate me
I'm not special like you
I'm tired and I'm so alone
Don't fight me
I know you'll never care
Can I call you on the telephone, now and then?

One light burns in a window
It guides all the shadows below
Inside the ghost of a parting
And no-one is left, just the cigarette smoke


02 luglio, 2005

Doppia illusione


La prima, dolciastra, la speranza; speranza che domani sara' diverso da oggi, che arriveranno le soluzioni, le risposte, che cessera' la menzogna e l'imitazione scimmiesca di una vita vera.
Dopotutto, domani e' sempre un altro giorno, e' stato fatto un altro passo, perche' pensare che non possa condurre ad una meta?
Non c'e' motivo di non crederlo, impera un orrido ottimismo fasullo quanto le quinte di cartapesta di un teatro con poche risorse.

La seconda, tremenda: credere infine di potere cedere al nulla, di rinunciare. Credere, farsi belli e forti, in un nichilismo ultraumano e devastante, annichilente, che nega la vita nella propria piu' intima essenza. E solo per franare e naufragare di fronte alla forza cieca e ottusa della necessita' di vivere, che pochi riescono a travalicare, pochissimi.

Incrociare le due esperienze, incrociare la pratica di una speranza in cui non si crede con un nichilismo in cui si crede ma che si sa fasullo, e ottenere una disarmante serata dove d'improvviso tutto diventa possibile, ogni estremo opposto ugualmente utile all'inutile: mutilarsi, bere fino alla morte, scrivere una poesia eccellente, sentire la motocicletta che ruggisce per le strade buie del sud di Milano, piangere qualche lacrima, ascoltare musica di valore.

Per scoprirsi alla fine ancora uguali a prima, sempre piu' uguali a se' stessi, sempre di piu'.

E nulla cambia, mai: eccomi, dunque, perche' il cielo che ammiro ogni notte non mi divora? Perche' non svanisco nelle albe che osservo senza motivo?

Non capisco.